1. La mastopessi con impianti mammari
2. Scelta del tipo e volume degli impianti
3. Scelta del tipo di mastopessi

  • La mastopessi periareolare

  • La mastopessi verticale

  • La mastopessi “ad ancora”

4. FAQ

1. La mastopessi con impianti mammari

In capitoli precedenti abbiamo trattato dell’intervento di mastoplastica additiva per aumentare le dimensioni del seno attraverso l’inserimento di appositi impianti e dell’intervento di mastopessi per correggere la ptosi o caduta e afflosciamento del seno. Non raramente le due condizioni di seno piccolo e afflosciato (ptosico) sono presenti insieme, anche perché le già citate condizioni di gravidanza, allattamento, variazione di peso, possono produrre sia una caduta del seno che una sua riduzione di volume. Abitudine al fumo e predisposizione genetica sono altri due fattori che possono rendere i tessuti del seno più deboli e incapaci di far fronte agli stress dell’invecchiamento.

Pertanto molte donne possono essere interessate a prendere in considerazione una combinazione di entrambi gli interventi, che possono essere eseguiti in una sola seduta operatoria. L’intervento di mastopessi con impianti restituisce tonicità al seno al tempo stesso aumentandolo di volume.

L’intervento di mastopessi con impianti comporta due fondamentali decisioni, che devono essere prese dal chirurgo in accordo con la paziente: la scelta del tipo e del volume degli impianti; la scelta del tipo di mastopessi (periareolare,  periareolare+verticale, ad ancora o T invertita).

2. Scelta del tipo e volume degli impianti

stock-photo-81420681-silicone-breast-implantLa scelta della dimensione dell’impianto è personale e va fatta tenendo conto del risultato che la persona che si sottopone a intervento vuole ottenere. Il chirurgo aiuta in questo momento cruciale mettendo in campo la sua competenza e la sua esperienza. Viene chiesto alla paziente quale sia l’aumento di seno desiderato; questo deve essere tradotto in volume di impianti da utilizzare (1 taglia = 150 cc o grammi). Durante la visita vengono utilizzati impianti di prova che simulano l’aspetto che il seno assumerà dopo l’intervento. L’aspetto più importante da tenere in considerazione per quanto riguarda l’aspetto tecnico è dato dal tipo di tessuto: se la pelle è sottile e il tessuto mammario che copre l’impianto è scarso non può essere usato lo stesso impianto che può usare chi ha tessuto più abbondante ed elastico; similmente vanno tenuti in considerazione dimensioni del torace, peso e altezza della persona, corporatura (longilinea, brevilinea). Quando alla mastopessi si associa la mastoplastica additiva è importante non eccedere nel volume e nel peso degli impianti: impianti molto grandi e quindi pesanti accrescerebbero notevolmente la tensione sulle cicatrici già tese per l’intervento di sollevamento del seno. In conseguenza di ciò si potrebbero verificare complicanze quali allargamento delle cicatrici, deiescenza delle cicatrici, ritardo di guarigione, più precoce formazione di ptosi con necessità di revisione della mastopessi e/o delle cicatrici. Il fenomeno del “bottoming out” (discesa degli impianti al polo inferiore del seno, al di sotto della posizione desiderata).

(link a tipo di impianti***)

3. Scelta del tipo di mastopessi

La scelta del tipo di intervento è fra tre possibilità tecniche la cui appropriatezza dipende dal grado di caduta, o ptosi, esistente, dall’eventuale presenza di asimmetria fra i seni, nonché come è ovvio anche dai desideri della paziente. Generalmente più il seno è cadente, più ampia dovrà essere la chirurgia. L’approccio chirurgico utilizzerà una di queste tre possibili tecniche:

  • La mastopessi periareolare rimuove un piccolo cerchio di pelle attorno all’areola (la parte di pelle più pigmentata che circonda il capezzolo). Con questa tecnica si sposta il capezzolo in posizione più alta, lasciando attaccati a questo nervi e vasi sanguigni. La pelle rimanente è suturata attorno all’areola, col risultato di un seno sollevato e stirato. Questo metodo è il meno invasivo, ed è appropriato per donne con un piccolo grado di ptosi dei tessuti che necessiti solo di una piccola correzione. La cicatrice risultante è posizionata al confine fra la pelle del seno e quella dell’areola: ciò consente di ridurre al massimo la visibilità della cicatrice, in particolare modo con la tecnica della dermopigmentazione (tatuaggio semipermanente) con cui viene coperta la cicatrice colorandola in maniera simile all’areola (****link a cura delle cicatrici).
  • La mastopessi verticale utilizza un’incisione che circonda l’areola e scende poi verticalmente. L’aggiunta di un’incisione verticale consente la rimozione di una maggior quantità di pelle e di tessuti dalla parte bassa del seno. Questo metodo consente la correzione di una ptosi  di grado moderato e comporta una cicatrice più estesa rispetto all’incisione periareolare ma più ridotta rispetto all’incisione “ad ancora”. Puoi essere una buona candidata a questo metodo se il tuo seno  è caduto ma non troppo, e il capezzolo è posizionato poco sotto il solco inframammario. Questo metodo funziona bene se non è troppo grande la distanza fra il capezzolo e il solco inframammario. Con questo tipo di incisione si può: elevare la posizione del capezzolo; ridurre le dimensioni dell’areola; tendere il seno in direzione orizzontale.La tecnica prevede prima l’inserzione dell’impianto mammario (****link ), poi il disegno dell’eccesso di pelle da rimuovere; di solito è una losanga che parte da un punto superiore all’areola (sarà la futura posizione dell’areola) (****link disegno) e scende fino al solco inframammario. L’ampiezza della losanga dipende dalla quantità di pelle da rimuovere. Esiste un “pinch test” (esame fatto con due pinze) che consente di misurare accuratamente l’eccesso di pelle di ogni singolo seno, in modo da personalizzare al massimo il tipo di intervento. Il disegno viene completato marcando la linea di incisione attorno all’areola, tenendo conto eventualmente della volontà di rimpicciolirla. Il passo successivo è la disepitelizzazione dello strato superficiale di cute all’interno del disegno effettuato. Infine viene spostata l’areola verso l’alto ed effettuata la sutura.
  • La mastopessi “ad ancora” (o a “T invertita”) utilizza la stessa incisione della mastopessi verticale con l’aggiunta di un’incisione curva lungo il solco inframammario, nella parte inferiore del seno: ne risulta un profilo “ad ancora” o a “T rovesciata”. Questo è il tipo di incisione più comunemente usato negli interventi di mastopessi, dato che corregge anche i gradi di ptosi più severi. Attraverso un’incisione più ampia viene rimossa una quantità maggiore di pelle ed è consentito un maggiore rimodellamento dei tessuti mammari col risultato del massimo grado di sollevamento (o lifting) e stiramento del seno, in linea con quanto richiedono la maggioranza delle pazienti che si sottopongono a questo intervento. La mastopessi ad ancora permette di: elevare la posizione del capezzolo; ridurre le dimensioni dell’areola; tendere il seno in ambedue le direzioni, orizzontale e verticale; correggere la posizione del seno sul torace se necessario.Dopo avere inserito gli impianti mammari viene marcato il disegno della pelle da rimuovere, partendo dal disegnare la linea sul solco inframammario: se i seni sono simmetrici si usano le linee già esistenti del solco inframammario, se c’è una asimmetria è questo il momento di correggerla.Il passo successivo consiste nel disegnare la nuova posizione del capezzolo in un punto situato superiormente e misurare poi con un “pinch test” (esame fatto con due pinze) l’esatta quantità di cute in eccesso da rimuovere. Poi si disegna attorno all’areola una linea di incisione circolare considerando eventualmente la possibilità di ridurne le dimensioni.  Gli ultimi passaggi sono rappresentati dalla disepitelizzazione e dall’innalzamento dell’areola, e infine dalla sutura, eseguita a strati con punti riassorbibili.

La mastopessi è intervento che può fare apparire il tuo seno di vari anni più giovane, con relativi benefici estetici e psicologici. Nelle FAQ seguenti troverai risposta alla maggior parte delle domande che ti puoi fare, incluse le modalità per ridurre la visibilità delle cicatrici.

Per una discussione personalizzata puoi contattare direttamente il dottor Paganelli per una visita durante la quale discuterà con te tutte le possibili opzioni chirurgiche.

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4. FAQ

L’intervento di aumento di seno o mastoplastica additiva accresce la dimensione del seno ma non corregge la ptosi ovvero la “caduta” del seno. Al contrario la mastopessi corregge la ptosi del seno lasciando inalterate le dimensioni. In molti casi, specialmente quando donne con seno piccolo vanno incontro a gravidanze, allattamento, perdita di peso, può accadere che entrambi i tipi di correzione siano indicati. L’intervento di mastopessi con impianti consente di ottenere entrambi i tipi di correzione con un unico intervento.
Le cicatrici chirurgiche sono inevitabili e permanenti. Tuttavia una lunga serie di accorgimenti tecnici fa sì che la visibilità della cicatrici sia ridotta al minimo. La serie di accorgimenti tecnici include: una buona tecnica chirurgica con il corretto posizionamento delle cicatrici in aree dove sono meno visibili come solchi cutanei (esempio solco inframammario) o al confine fra due diversi tipi di cute (esempio cicatrice periareolare), la corretta tensione fra i margini dei due lembi cutanei, l’uso di fili di sutura adeguati, l’utilizzo di colle chirurgiche per coprire le incisioni, medicazioni adeguate nel periodo post operatorio fino a stabilizzazione completa delle cicatrici, dettagliate istruzioni di cura delle cicatrici da parte della paziente come l’utilizzo di gel o placche di silicone che rappresentano il golden standard nel trattamento delle cicatrici. Oggigiorno si è aggiunto l’utilizzo di laser frazionati non ablativi (es. Fraxel ****link). Inoltre la cicatrice periareolare può perfettamente essere mascherata dopo 12-18 mesi dall’intervento con la dermopigmentazione dell’areola o tatuaggio semipermanente, che comporta una pigmentazione della cicatrice con lo stesso colore della cute dell’areola.
Consiglio comunque di andare alla Galleria di foto post-operatorie per rendersi conto direttamente di come saranno gli esiti dell’intervento riguardo alla permanenza di cicatrici.
Il risultato di una mastopessi con impianti può durare molti anni. Ovviamente l’invecchiamento provoca di per sé lassità della pelle e non esistono procedure né tecniche chirurgiche che possano fermare questo processo. Si possono viceversa consigliare provvedimenti volti a mantenere il risultato più a lungo possibile. In particolare è importante:
• Mantenere stabile il peso corporeo (aumenti e perdite di peso rappresentano le principali minacce alla stabilità del risultato).
• Non scegliere impianti mammari troppo grandi. La durata del risultato di una mastopessi è inversamente proporzionale al peso del seno, quindi impianti di maggior volume provocheranno una maggiore tensione dei tessuti con una peggiore qualità delle cicatrici e una più precoce “caduta” del seno.
• Utilizzare reggiseni durante il giorno e in particolare reggiseni sostenitivi durante l’attività ginnico-sportiva.
• Astenersi dal fumo. E’ dimostrato che il fumo provoca un accelerato invecchiamento cutaneo e di conseguenza una riduzione di durata dei risultati della mastopessi.
Tutti i tipi di mastopessi con impianti richiedono un’incisione periareolare. Tale incisione è particolarmente profonda (coinvolgendo anche derma e tessuti ghiandolari) nella mastopessi completa con cicatrice verticale rispetto a quella con sola cicatrice periareolare. Questo comporta un coinvolgimento dei dotti galattofori, ovvero dei condotti che portano il latte dalla ghiandola mammaria verso il capezzolo. La loro incisione comporta una alterazione sia diretta sia indiretta, attraverso la formazione di tessuto cicatriziale, della funzione dell’allattamento. Pertanto non può essere assolutamente garantito che la funzione dell’allattamento si mantenga dopo l’intervento. In considerazione di ciò è importante che l’intervento di mastopessi venga eseguito se la paziente non ha in programma delle gravidanze. Tale raccomandazione è rafforzata dal fatto che una gravidanza successiva all’intervento di mastopessi può comunque influenzare negativamente i risultati estetici raggiunti.
La considerazioni di cui sopra non controindicano in modo assoluto una gravidanza dopo intervento; tuttavia se una paziente ha in programma gravidanze future è necessario che si bilancino con grande attenzione costi e benefici, e che ci si renda consapevoli della possibile necessità di una ulteriore revisione chirurgica dopo la gravidanza.
Durante la visita preoperatoria il dottor Paganelli usa speciali protesi di prova che simulano con buona approssimazione l’aspetto che il seno assumerà dopo l’intervento. Applicando sul seno, con l’aiuto di un reggiseno o di una maglietta elasticizzata, i vari tipi di impianti mammari di prova, si può avere un’idea dal vivo di quale sia la forma e la dimensione dell’impianto mammario migliore ai fini del raggiungimento del risultato desiderato.
L’intervento di mastopessi dura da 1 ora e mezzo a 2 ore e mezzo a seconda della tecnica (periareolare, verticale e a T invertita in ordine crescente di durata) e delle differenze anatomiche individuali (esempio possibili asimmetrie).
Non solo è possibile ma è diventato anche abbastanza comune. Gli effetti negativi della gravidanza dal punto di vista estetico si manifestano principalmente a livello di seno e addome. L’associazione fra addominoplastica, con o senza liposcultura e/o lipofilling e aumento di seno, con o senza mastopessi, è chiamata dagli autori anglosassoni Mommy makeover. La durata di questo tipo di chirurgia è di solito di 3-4 ore (5 ore nei casi più difficili).
E’ possibile utilizzare sia l’anestesia generale che la sedazione profonda. Questo può essere deciso caso per caso attraverso un confronto fra chirurgo, anestesista e paziente. Ambedue i tipi di anestesia permettono la dimissione della paziente in giornata grazie all’utilizzo della nuova tecnica anestesiologica TIVA (total intravenous anaesthesia), che utilizza farmaci ad emivita molto breve (ovvero rapidamente eliminati dall’organismo) con eccellente prevenzione della nausea che era provocata dai vecchi gas anestetici. Anche l’utilizzo della maschera laringea ha eliminato il fastidioso dolore alla gola conseguente all’intubazione. L’anestesia per l’aumento di seno è attualmente estremamente sicura in entrambi i casi, con scarsi o nulli effetti collaterali indesiderati.
Il grado di fastidio e di dolore che si prova dopo l’intervento varia da persona a persona. Innanzitutto è diversa la soglia del dolore. In secondo luogo hanno importanza le condizioni del seno: una donna che ha partorito e allattato è andata incontro a un precedente stiramento del tessuto mammario; avrà perciò meno dolore e fastidio, e dunque un recupero più rapido, rispetto a una donna che non ha mai partorito. Normalmente si raccomanda l’uso di antidolorifici e antinfiammatori per i primi 3-4 giorni dopo l’intervento, in seguito solo al bisogno. L’uso di antidolorofici e antinfiammari può utilmente essere protratto per 1-2 settimane per facilitare il riposo notturno.
Fatte queste premesse, si può indicativamente dire che circa l’80% delle pazienti è in grado di riprendere un lavoro d’ufficio dopo 1-2 settimane dall’intervento, con progressivo recupero fino alla possibilità di svolgere lavoro fisico pesante e attività sportiva dopo circa 10-12 settimane.
A causa del rischio di sanguinamento connesso ad ogni tipo di chirurgia è consigliabile astenersi da tutte le attività che possano aumentare pressione sanguigna e battito cardiaco (attività intensa, sollevamento di pesi) per almeno due settimane dopo l’intervento.
E’ sconsigliabile guidare nei giorni immediatamente successivi all’intervento a causa della ridotta funzionalità che l’intervento comporta. Il tempo di ricupero della possibilità di guidare l’automobile pur variando da persona a persona si situa generalmente fra 1 e 2 settimane dopo l’intervento, anche in base al tipo di mastopessi eseguito (periareolare, verticale, ad ancora).
A causa dell’aumentato rischio di sanguinamento vanno evitati gli sforzi fisici per le prime due settimane dopo l’intervento. E’ possibile percorrere qualunque distanza camminando ma senza forzare il passo. In seguito è possibile riprendere gradualmente attività fisica anche di tipo sportivo. Dopo 10-12 settimane quasi tutte le attività fisiche sono permesse, con esclusione di alcune attività fisiche estreme (sollevamento pesi agonistico, body-building) per le quali possono occorrere fino a 4 mesi di recupero.
Solo nel caso di impianti sottomuscolari l’azione del muscolo pettorale esercita una spinta sugli impianti verso il basso e lateralmente. Per ovviare a ciò si raccomanda una ripresa molto graduale degli esercizi specifici per il muscolo pettorale, riprendendo attività sportiva solo dopo 10-12 settimane e considerando il recupero completo anche ai fini di sport estremi (sollevamento pesi, body building) solo dopo 4 mesi.
Devono essere tenute in considerazione: dimensioni del seno, qualità e quantità di tessuto mammario e cutaneo, preferenze della paziente. Se una donna ha un seno molto piccolo e/o con tessuto mammario molto sottile necessita di impianto sottomuscolare per contrastare il rischio di visibilità dei margini dell’impianto e la comparsa del fenomeno del “rippling” ovvero di ondulazioni visibili sulla superficie del seno. Altri benefici della posizione sottomuscolare dell’impianto sono dati da: migliore e più naturale aspetto del seno sia nel breve che nel lungo termine; maggiore facilità nell’esecuzione di mammografie; minor rischio di contrattura capsulare.
E’ normale una alterata sensibilità dei capezzoli per qualche mese dopo l’intervento. Questo succede perché gli impianti mammari stirano i tessuti e di conseguenza stirano i nervi sensitivi, portando in alcuni casi a una riduzione di sensibilità, in altri casi a un aumento della sensibilità stessa. Un’altra possibilità è che i nervi che vanno al capezzolo possano passare attraverso lo spazio in cui viene formata la tasca per inserire l’impianto; in questo caso l’inserimento dell’impianto porterà a una marcata riduzione, fino a una completa perdita, della sensibilità del capezzolo; per fortuna questa complicanza è rara.
Inoltre per sollevare il seno è necessaria una incisione della cute e dei tessuti periareolari nonché quasi sempre anche del polo inferiore del seno. Questo comporta una interruzione di parte dei piccoli nervi sensitivi del capezzolo e della cute del polo inferiore del seno con conseguente diminuzione della sensibilità di queste aree. Con il passare del tempo si verifica un processo di reinnervazione spontanea che porta a un recupero di buona parte della sensibilità. Tale recupero però non sempre è completo e può essere molto diverso da persona a persona; a volte può permanere una differente sensibilità a destra rispetto a sinistra.
Dipende non tanto dalla gravidanza quanto dall’allattamento. Bisogna aspettare da 3 a 6 mesi dopo la fine dell’allattamento: il seno ingrandito dalla produzione di latte in occasione dell’allattamento richiede del tempo per arrivare a una sua stabilità.
Evidentemente un seno con patologia tumorale non può essere sottoposto né a intervento di mastoplastica additiva né a intervento di riduzione mammaria o di mastopessi anche per il rischio di favorire una disseminazione tumorale. Pertanto fra gli esami da eseguire in fase preoperatoria è prevista l’ecografia per le donne fino a 40 anni e la mammografia per le donne di età superiore ai 40 anni. In caso di forte familiarità per cancro al seno si raccomanda di associare all’ecografia l’esame mammografico a partire dai 30 anni di età.
In chirurgia plastica ed estetica il fumo aumenta i rischi operatori sia a breve che a lungo termine soprattutto perché la pelle è uno dei tessuti maggiormente danneggiati dall’abitudine del fumo. Fumare (e perfino solo usare nicotina: cerotti alla nicotina, gomme e caramelle alla nicotina, sigaretta elettronica con ricariche di nicotina) ha un potente effetto vasocostrittore, che rallenta il flusso sanguigno. I tessuti periferici, specialmente la cute, risentono particolarmente di questo effetto. L’abitudine al fumo accelera l’invecchiamento cutaneo riducendo la capacità della pelle di fronteggiare gli stress cui è quotidianamente sottoposta (per esempio l’esposizione ai raggi solari). Le fibre elastiche si riducono e in conseguenza della minore elasticità cutanea si formano più rapidamente le rughe e si distendono più rapidamente i tessuti, con maggior tendenza alla flaccidità e ai fenomeni di ptosi mammaria e di “bottoming out” (discesa verso il basso dell’impianto, che oltrepassa così il solco inframammario). Nel breve termine il fumo in prossimità dell’intervento aumenta tutti i rischi chirurgici a causa del ridotto flusso sanguigno della pelle, e ritarda la guarigione. Le cicatrici tenderanno ad essere più larghe e più visibili, e il rischio di infezione più alto. Bisogna considerare anche il rischio drammatico di perdere per necrosi areola e capezzolo o una loro parte, nonché il rischio di deiescenza (riapertura) delle cicatrici. Tutte queste complicanze porteranno inevitabilmente a una deformazione permanente dei seni con necessità di complessi interventi di ricostruzione e cicatrici irregolari e molto più visibili. Pertanto è raccomandato, in caso di intervento per mastopessi, un’astensione dal fumo almeno per 4-6 settimane prima dell’intervento e per 8-10 settimane dopo l’intervento.
Tutti gli interventi di chirurgia plastica o estetica comportano dei rischi. Fra i rischi della mastoplastica additiva si annoverano seppur con incidenza molto bassa: sieroma (raccolta di siero ovvero liquido nella loggia che contiene l’impianto); ematoma (raccolta di sangue nella loggia che contiene l’impianto); infezione; esposizione della protesi; rotazione e rovesciamento dell’impianto; dislocazione dell’impianto; “rippling” (pieghe cutanee); sindrome di Mondor (tromboflebite di vene toraco-epigastriche); rottura dell’impianto. Ma la complicanza più importante e frequente è data dalla contrattura capsulare (vedi domanda seguente).
Contrattura capsulare è il nome dato all’indurimento dei seni causato dal restringimento aggressivo della cicatrice che si forma attorno agli impianti mammari. Tutte le volte che un corpo estraneo è inserito nell’organismo verrà circondato da uno strato cicatriziale. Per la maggior parte degli impianti (protesi ortopediche, placche per fratture) non importa se la capsula cicatriziale si restringe in maniera ferma trattandosi di impianti rigidi che non possono essere deformati dalle forze della cicatrice. Gli impianti mammari sono completamente differenti; l’obiettivo dell’aumento di seno è quello di migliorarne il volume lasciando il seno morbido e naturale – idealmente non si dovrebbe percepire l’impianto. Quindi nel caso degli impianti mammari è assolutamente preferibile che la cicatrice capsulare si comporti in maniera completamente differente da tutti le altre aree del corpo e rimanga il più soffice possibile. Se la cicatrice capsulare attorno all’impianto è soffice e più ampia dell’impianto stesso non verrà percepita ma verrà percepita solo la parete dell’impianto. Se invece la cicatrice è spessa, aggressiva e si restringe fortemente attorno all’impianto allora l’impianto sarà percepito come un sasso all’interno del seno: questo fenomeno è chiamato contrattura capsulare. Ci sono diverse teorie sul perché una paziente possa formare questo tipo di cicatrice aggressiva. Le due più importanti sono: predisposizione genetica per cicatrici aggressive; teoria dell’irritazione (il corpo potrebbe trovare qualcosa di irritante nell’impianto mammario così come una infezione di basso grado nascosta nella parete dell’impianto o piccole perdite di silicone come accadeva negli impianti di vecchia generazione). Purtroppo non esiste nessun modo di vedere se c’è una predisposizione genetica alla formazione di cicatrici aggressive. Fortunatamente questo non accade spesso. Ci sono cose che possono essere fatte per ridurre le altre possibili cause di contrattura capsulare come: usare la più moderna generazione di impianti mammari, usare antibiotici durante l’intervento, usare antibiotici anche nella loggia dell’impianto durante l’intervento.
No. Le linee-guida e le raccomandazioni ministeriali impongono che l’intervento al seno per motivi estetici possa essere compiuto solo dopo il raggiungimento del 18° anno di età.
Dipende da quanto il seno è “svuotato” e da quale risultato si vuole ottenere. In alcuni casi il semplice intervento di aumento di seno può risolvere la situazione. Quando è molto marcata la ptosi (ovvero quando il seno è molto “caduto” verso il basso) diventa necessario associare un intervento di sollevamento o mastopessi con impianti.
Sì. E’ possibile realizzare un aumento di seno naturale tramite l’innesto di grasso o “lipofilling”. Questa tecnica consente di prelevare tramite lipoaspirazione grasso da tutte le aree del corpo che lo consentano (mento, braccia, dorso, fianchi addome, cosce, ginocchia, polpacci e caviglie) e di reiniettarlo, dopo processo di purificazione, nel seno. Apprezzo molto una nuova tecnica di lipoaspirazione e lipofilling che si chiama SAFE-LIPO (SAFE = Separation Aspiration Fat Equalization), ideata dal dr. Simon Wall, che si è recentemente diffusa negli Stati Uniti e sta ora cominciando ad arrivare in Europa. Con questa tecnica tramite una apparecchiatura di vibro-lipo e cannule con la parte terminale “esplosa”(flared o basket cannula) è possibile una espansione dei tessuti con conseguente possibilità di iniettare una maggiore quantità di grasso, nonché una maggiore regolarità nelle aree dove viene effettuata la lipoaspirazione. Usando questa tecnica da circa 2 anni, ritengo che sia il procedimento migliore nelle lipoaspirazioni secondarie, ovvero quando si tratta di migliorare i risultati di lipoaspirazioni precedenti (approfondisci la tecnica SAFE Lipo). Il lipofilling produce effetti molto soddisfacenti e “naturali”: non permette grandi aumenti di volume del seno ma è possibile ripeterlo anche 2-3 volte se c’è grasso disponibile. Inoltre il lipofilling permette di correggere la maggior parte dei difetti del seno (seno tubuliforme, doppio contorno, esiti di radioterapia, esiti di asportazione di noduli o di altri interventi chirurgici). Per questo motivo il lipofilling è spesso impiegato non in sostituzione ma in aggiunta all’intervento di mastoplastica con impianti, per correggere tutti i difetti cui il solo intervento con impianti non è in grado di ovviare. Naturalmente il lipofilling da solo non può sostituire l’intervento di mastopessi.
Non c’è nessuna relazione fra inserimento di impianti mammari e tumore al seno. Al contrario alcuni studi hanno dimostrato che nei casi in cui un tumore al seno si sviluppa in donne con impianti questo viene diagnosticato in fase più precoce grazie ai cambiamenti comportamentali che questo comporta (attenzione ai sintomi, abitudine all’autopalpazione, esami strumentali come ecografia e mammografia).
Il costo dell’intervento varia in base a una quantità di fattori: tipo di impianti, tipo di intervento (con o senza lipofilling), difficoltà di intervento e di conseguenza tempo operatorio, tipo di clinica con differenti costi sia di degenza che di sala operatoria. Considerando tutti questi fattori il prezzo può variare da a . La maniera migliore per avere un preventivo personalizzato è prenotare una visita col dottor Paganelli.
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